In questo seminario Paolo Migone spiega in dettaglio il concetto psicoanalitico di identificazione proiettiva sulla base della descrizione che ne fece Thomas H. Ogden in un articolo del 1979, poi inserito nel suo libro del 1982 Identificazione proiettiva e tecnica psicoterapeutica (Roma: Astrolabio, 1994).
La discussione di Ogden di questo concetto è una delle più chiare e permette facilmente di comprenderne tutti i risvolti teorici e clinici. Ogden, che risentiva dell’influenza kleiniana e soprattutto bioniana, divide il processo dell’identificazione proiettiva in tre fasi: proiezione, pressione interpersonale, e re-internalizzazione. Ogni fase viene descritta e spiegata facendo riferimento ad esempi clinici e vengono fatti anche collegamenti con termini e concezioni fuori dal campo psicoanalitico, appartenenti alla tradizione (quali il malocchio, la fattura, la possessione, etc.). Non solo: vengono fatte considerazioni anche su altri concetti collegati, peraltro oggi al centro del dibattito psicoanalitico: si accenna ad esempio ai temi del controtransfert, dell’empatia, del rispecchiamento e dell’intersoggettività.
Per quanto riguarda il controtransfert, ad esempio, Migone descrive la concezione “ristretta” di controtransfert che aveva Freud (che lo considerava un ostacolo al lavoro analitico) e quella “allargata” o “totalistica” inaugurata da Paula Heimann e Heinrich Racker dei primi anni ‘50 (che cominciarono a ritenerlo utile per conoscere l’inconscio del paziente), fino ad arrivare al dibattito contemporaneo che vede anche posizioni moderate, come quella di Morris Eagle, che sottolineano i rischi di allontanarsi troppo dalla posizione freudiana (Eagle ha esposto queste sue riflessioni in un importante articolo, dal titolo “Il controtransfert rivisitato“, uscito sul n. 4/2015 della rivista Psicoterapia e Scienze Umane, di cui Migone è condirettore). È importante una discussione del controtransfert perché Migone mostra bene come l’identificazione proiettiva sia praticamente sovrapponibile al controtransfert inteso nella sua concezione allargata. Per quanto riguarda il concetto di empatia, studiato anche prima della psicoanalisi, fu utilizzato da Carl Rogers e poi all’interno della psicoanalisi da Heinz Kohut, con risvolti sia conoscitivi che terapeutici. Connessa all’empatia è la tematica del rispecchiamento, sottolineata, tra gli altri, da Donald Winnicott e nei tempi recenti da vari autori che fanno riferimento alla tematica della mentalizzazione e, all’interno delle neuroscienze, dei neuroni specchio. Infine, vari esponenti della psicoanalisi contemporanea (Bob Stolorow, Jessica Benjamin, Owen Renik e altri) propongono un paradigma “intersoggettivo” che si distanzia nettamente dalla “teoria del conflitto moderna” rappresentata dalla revisione teorica operata da autori “classici” quali Charles Brenner e Jack Arlow ma che, a ben vedere, ha anche importanti somiglianze spesso sottovalutate (queste considerazioni vengono fatte da Chris Christian in un interessante articolo pubblicato sul n. 2/2015 di Psicoterapia e Scienze Umane). Un aspetto importante di questo seminario quindi consiste nel fatto che nella discussione dell’identificazione proiettiva vengono fatti riferimenti anche ad altri concetti psicoanalitici che sono collegati ad essa, chiarendone per quanto possibile le differenze e le somiglianze.
Per chi fosse interessato, una trattazione approfondita di questa tematica è nel capitolo 7 del libro di Paolo Migone Terapia psicoanalitica (FrancoAngeli, 1995, 2010).